17 gennaio 2020, La Stampa,
Can Dundar (si legge “Gian”), 58 anni, è uno dei più noti e apprezzati giornalisti turchi. Vive in esilio a Berlino per avere fatto il suo lavoro di giornalista quando, da Direttore del quotidiano Cumhuriyet, ha svelato i legami fra il regime di Erdogan e i gruppi jihadisti di Al Qaeda e Isis in Siria, documentando l’invio di armi e fondi. Dopo pochi mesi viene arrestato con l’accusa di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato. Passa quattro mesi nel carcere di Silivri. Poi sfuggisce ad un tentativo di omicidio sulle scale della Corte Costituzionale il giorno in cui venne dichiarato illegittimo il suo arresto. Viene poi condannato in un processo farsa a 5 anni di reclusione e fugge in Germania dove ottiene l’asilo politico.
Sono più di 120 i giornalisti e gli scrittori accora nelle carceri del regime di Erdogan.
Un colpo di stato fallito, il progressivo allontanarsi dall’occidente, la nuova guerra contro i curdi in Siria: dove sta andando la Turchia di Erdogan?
Erdogan è in difficoltà. Ha perso due volte le elezioni amministrative a Istanbul e all’interno del suo stesso partito sta crescendo il malumore. Pochi giorni prima dell’inizio delle operazioni militari, si sono fatte molto insistenti le voci di una possibile rottura fra Erdogan e due suoi storici alleati: l’ex Presidente Abdullah Gul e l’ex Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. L’economia è in crisi continua. Erdogan usa una tecnica collaudata: far dimenticare per un po’, con la retorica della guerra e con il nazionalismo, i guai politici ed economici del suo paese.
Erdogan da anni usa i rifugiati siriani come arma di ricatto nei confronti dell’Europa, ora i rifugiati sembrano essere la scusa per invadere il Rojava…
Si, il governo turco ha usato la questione dei quasi 4 milioni di rifugiati, per giustificare l’invasione del nord della Siria, promuovendo un’operazione di pulizia etnica, sostituendo i curdi con i rifugiati arabi siriani. L’obiettivo della nuova guerra di Erdogan è chiaro: espellere una volta per tutte i rifugiati siriani dalla Turchia e al tempo stesso liberarsi dei curdi, i migliori alleati dell’occidente nella lotta contro i jihadisti dell’Isis.
Pensa che l’operazione militare di Erdogan in Siria indebolirà e renderà più difficile la lotta contro l’ISIS?
Senza dubbi. In Turchia sono noti da tempo i legami fra le diverse componenti del jihadismo (Isis inclusa) e il regime di Erdogan. Se oggi sono in esilio a Berlino, è proprio perché quando ero direttore del quotidiano Cumhuriyet ho pubblicato le prove che hanno dimostrato come l’intelligence e l’esercito turco fornissero armi e fondi ai gruppi di Al Qaeda e Isis in Siria, impegnati nel tentativo di schiacciare i curdi a Kobane e nel nord della Siria.
Come interpreta le posizioni di Usa e Russia nei confronti di Erdogan dopo l’inizio del conflitto?
Il presidente Donald Trump, con il ritiro improvviso delle forze armate statunitensi dal nord della Siria ha abbandonato i suoi migliori alleati, i curdi, illudendosi che la Turchia si sarebbe fatta carico della lotta all’Isis. Il risultato è stato opposto: i prigionieri jihadisti sono fuggiti dalle prigioni e i curdi sono indeboliti e isolati. Ed il vero vincitore in questo gioco è Vladimir Putin: ha rimpiazzato le forze Usa nel nord della Siria, ed è diventato il nuovo protettori dei curdi.
Cosa pensa dei rapporti fra la Turchia e la NATO? E’ un’alleanza che può ancora durare?
Se osserviamo la politica estera del regime di Erdogan degli ultimi anni, assistiamo ad un progressivo avvicinamento della Turchia alla Russia e ad un suo abbandono del campo occidentale. L’errore più grande commesso dall’Europa (e dagli Usa) è stato quello di considerare la Turchia un alleato esclusivamente militare, sottovalutando invece la questione politica a cominciare dall’integrazione europea.
Ritiene quindi sia stato un errore da parte dell’Europa interrompere il processo di integrazione della Turchia nelle istituzioni europee?
Assolutamente si. L’Europa ha fatto molti errori ed Erdogan non è mai stato sincero nel dialogo con l’Unione Europea. Continuo però a ritenere che per l’Europa sarebbe stato molto importante poter dimostrare che l’occidente cristiano fosse in grado di vivere in armonia con un grande paese laico e musulmano. La coesistenza avrebbe prodotto molti vantaggi reciproci.
Pensa quindi che ci sia ancora speranza per una Turchia laica e secolare in grado di essere un partner affidabile per l’Europa?
Si e sono ottimista. Dopo quasi vent’anni di regime di Erdogan e nonostante la sua svolta autoritaria ed islamista, il paese ha dimostrato ancora molta vitalità democratica. Il doppio voto di Istanbul e l’alleanza nazionale costruita intorno a Ekrem Imamoglu è il modello da seguire. Bisogna unire tutte le forze democratiche e secolari per arginare gli islamisti.
Il nuovo sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu potrebbe quindi rappresentare una credibile alternativa a Erdogan?
.Credo di si: ha dimostrato di avere capacità attrattive e di consenso ben al di là dei confini del suo partito (il partito repubblicano CHP di ispirazione laica e socialdemocratica Ndr). Ora deve dimostrare di ben governare la grande città di Istanbul.
Qual’è lo stato della democrazia in Turchia dopo le decine di migliaia di arresti di giornalisti, insegnanti, avvocati, magistrati?
Il paese è coperto da una grande “nube di paura” e anche un “tweet” di critica alla guerra in Siria può essere considerato alto tradimento e far finire in galera. Ma lo “stato di emergenza” a causa della guerra non durerà all’infinito. La gente oggi è molto spaventata ma prima o poi si tornerà a votare. La democrazia e lo stato di diritto prevarranno. Erdogan, con la guerra in Siria, ha solo rimandato di un po’ l’inesorabile declino del suo regime.
Com’è la sua vita in esilio in Germania?
Da un punto di professionale sono contento: posso scrivere articoli, scrivere libri, parlare liberamente, come ho fatto oggi con lei. Tutto ciò in Turchia avrebbe per me significato la prigione. La vita di ogni giorno non è pero facile: vivere lontano dalla mia famiglia, dai miei colleghi e amici è molto doloroso… Ma finirà.