India Modi

24 luglio 2020, Huffington Post,

Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha in questi giorni riposizionato l’amministrazione americana nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, ipotizzando per la prima volta la necessità di lavorare per un “cambio di regime”.

Nel suo speech alla Nixon Library sul tema “La Cina comunista e il futuro del mondo libero” ha alzato di molto l’asticella delle relazioni fra Usa e Cina inaugurando una nuova stagione delle relazioni sino-americane.

Pompeo ha definito illusorio il mantenimento dello status quo dei rapporti fa occidente e Pechino, denunciando i disegni egemonici del Partito Comunista Cinese.

Spionaggio industriale, furto della proprietà intellettuale, occupazione illegale del Mar Cinese Meridionale, repressione durissima e abusi senza precedenti dei diritti umani a Hong Kong, Tibet e Xinkiang, corsa al riarmo, minacce crescenti a Taiwan. In poche parole la fine di una stagione durata 50 anni di “engagement” con la Cina, come voluto proprio dal Presidente Nixon.

La Cina per l’Amministrazione Usa è da oggi considerata una minaccia per l’economia e la libertà non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo libero.

La doppia chiusura del consolato cinese a Houston e di quello americano a Chengdu, sono il primo effetto tangibile del nuovo contesto dele relazioni internazionali fra i due paesi.

“Se il mondo libero non sarà in grado di cambiare la Cina -ha concluso Pompeo- sarà la Cina a cambiarci”.

Ma la vera novità di questi giorni non riguarda soltanto la nuova assertività  americana nei confronti di Pechino, quando il profilarsi all’orizzonte di ciò che potrebbe rappresentare un vero “game changer” nell diplomazia internazionale e nelle relazioni fra le grandi potenze: un salto di qualità delle relazioni strategiche fra Usa e India che potrebbe aprire la strada ad una alleanza economica, politica e militare a tutto campo.

Prima c’è stato l’appello di pochi giorni fa di Pompeo, allo “US-India Business Council”, con il quale il Segretario di Stato ha proposto di inaugurare fra Washington e Delhi una “nuova era di rapporti molto ambiziosi fra la grande democrazia indiana e le democrazie occidentali”, al quale sono seguite due iniziative legislative al Congresso e al Senato americane entrambe promosse da esponenti Democratici.

Il Senatore Democratico dell’Indiana, Mark Warner, a capo del Comitato sull’Intelligence del Senato ha depositato una proposta di legge per emendare il National Defense Authorization Act (NDAA) e trasformare l’India in un parter strategico permanente nel settore della difesa, invitando le democrazie asiatiche di India, Giappone, Corea del Sud e Australia a rafforzare la propria cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa.

Su questa linea anche il deputato democratico di origine indiana ed eletto nello stato dell’Illinois, Raja Krishnamoorthi che ha presentato una Risoluzione con un ampio consenso bipartisan per condannare l’aggressione militare cinese sulle montagne del Ladakh, nel nord-ovest dell’India, che ha provocato la morte di venti soldati indiani.

La risoluzione che verrà a breve approvata dal Congresso denuncia con forza le continue aggressioni militari cinese lungo il confine indiano e chiede di rafforzare i rapporti fra Washington e Delhi.

La possibile nuova partnership strategica fra Usa e India (e naturalmente fra UE e India) potrebbe fare nascere una grande alleanza delle democrazie poggiata su 3 solidi pilastri in America, Europa e Oriente.

Questo è il contesto in cui va collocata la recente rivitalizzazione del QUAD (Quadrilateral Security Dialogue), su iniziativa di Narendra Modi, che ha rilanciato il progetto promosso originariamente dal Primo Ministro giapponese Shinzo Abe nel 2007 per coordinare gli interessi strategici comuni fra gli Usa e le tre grandi democrazie dell’Asia-Pacifico: India, Giappone e Australia. 

Ora anche l’Amministrazione Usa ritiene strategica la trasformazione del QUAD verso qualcosa di più che un semplice dialogo, ma in prospettica una vera e propria organizzazione regionale per la sicurezza dell’area Indo-Pacifica.

Le esercitazioni congiunte di questi giorni fra la porterei Usa Nimitz e la flotta indiana nello Stretto di Malacca e le contemporanee esercitazioni nel Mar delle Filippine  fra le flotte di Canberra, Tokyo e Washington, sono la conferma verso la quale tendono le democrazie asiatiche, rafforzate dalla dichiarazione molto forte dell’Amministrazione Usa che ritiene “priva di alcuna base legale” l’occupazione militare da parte di Pechino della vastissima area del Mar Cinese Meridionale.

Il patto siglato poi fra India e Australia all’inizio di giugno di quest’anno, rappresenta un’ulteriore conferma della forte attrazione reciproca delle democrazie asiatiche nello scacchiere indo-pacifico.

L’accordo siglato fra Narendra Modi e Scott Morrison prevede un ampio “Mutual Logistics Support”, in altre parole la possibilità per gli eserciti e le flotte indiane e australiana di utilizzare le rispettive basi militari. Il patto prevede poi un aumento dell’”interoperabilità” fra i due eserciti da realizzarsi con una fitta agenda di esercitazioni comuni.

Libertà della navigazione, rispetto dello stato di diritto, stabilità e sicurezza dell’area dell’Indo-pacifico sono le parole chiave della nuova e rafforzata alleanza fra Delhi e Canberra.

Ma la nuova e positiva stagione dei rapporti fra occidente e India potrebbe avere una ulteriore certificazione il prossimo settembre, quando le nazioni del G-7 si incontreranno a Camp David per celebrare il vertice annuale. 

Quest’anno è stato ufficialmente invitato anche il Premier Narendra Modi e in un futuro non lontano l’India potrebbe essere invitata a farne parte prima come invitato permanente e poi come membro a tutti gli effetti.

Libertà economica, stato di diritto, democrazia, trasparenza sono le basi sulle quali poggia il G-7 e un futuro allagamento all’India inizia a diventare una concreta possibilità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *