18 novembre 2019, La Stampa,

Masih Alinejad, 42 anni, è una notissima giornalista iraniana che ha iniziato la propria carriera nel 2001 scrivendo sul quotidiano “Hambastegi”. E’ stata poi inviata per l’Agenzia ILNA e dal 2005 è diventata cronista parlamentare nota in tutto il paese per i suoi articoli lucidi e pungenti contro la corruzione del sistema politico iraniano e contro le violazioni costanti dei diritti umani fondamentali. Allontanata prima dal Parlamento, nel 2009 ha dovuto abbandonare l’Iran per le troppe minacce ricevute. Dal suo esilio a New York ha lanciato le campagne “My Stealthy Freedom” e “White Wednesday” contro il velo obbligatorio e per la difesa dei diritti delle donne in Iran. Il suo account Instagram, sul quale pubblica ogni giorno le migliaia di foto e video delle donne iraniane che sfidano il regime levandosi il velo in pubblico, ha raggiunto i 3,6 milioni di follower.

La sua è una storia incredibile che ha ispirato migliaia di donne in tutto l’’Iran e che il regime di Teheran teme per l’effetto domino che sta provocando in tutto il paese.

Cosa significa essere giornalista e donna oggi nella Repubblica Islamica dell’Iran?

Ho lavorato tutta la vita come giornalista prima in un quotidiano, poi in un’agenzia e infine al Parlamento di Teheran come cronista parlamentare. La libertà di stampa è duramente minacciata in Iran e i miei articoli erano considerati troppo critici. Spesso non veniva contestato il merito dei miei articoli, ma il mio essere una donna: con il velo che non mi copriva abbastanza o con atteggiamenti, a loro giudizio, poco consoni alla “morale islamica”.

Ho intervistato tutti gli ultimi Presidenti del paese Khatami, Rafsanjani, Larjani, Ahmadinehad insieme a molti membri del parlamento iraniano e le mie opinioni troppo libere, le mie denuncia sulla corruzione furono il motivo per il quale fui allontanata della Parlamento. Sono stata poi editorialista per qualche anno al quotidiano “riformista” Etemad-e Melli, per poi essere costretta per le troppe minacce ricevute a lasciare il paese

Ci può raccontare come è nata l’idea della campagna contro il velo obbligatorio?

Tutto è iniziato con un  post pubblicato sulla mia pagina Facebook dopo il mio arrivo a New York. Era semplicemente una mia foto senza velo ed una frase: “Ogni volta che sono in un paese libero, quando corro e posso sentire “il vento fra i miei capelli”; ciò mi ricorda come i miei capelli, il mio corpo, la mia vita siano stati per troppo tempo ostaggio nelle mani del regime iraniano….”

Arrivarono migliaia di commenti entusiasti….. Ho poi iniziato a pubblicare alcune mie foto senza velo in Iran e chiesi: lo avete fatto anche voi? Volete condividere con me?

A quel punto fui letteralmente bombardata da migliaia di foto e video di donne senza velo a Teheran e in tutto il paese.

Un piccolo gesto si è trasformato in un grande movimento di disobbedienza civile…

Si, esattamente così. E la cosa è andata molto al di la delle mie aspettative ed ha coinvolto decine di migliaia di donne da Teheran ai villaggi più sperduti.

Così sono nate la campagne “My Stealthy Freedom” e la mobilitazione del “White Wednesday” che, grazie ai Social Media, si sono diffuse in modo spontaneo ed hanno assunta una dimensione tale che preoccupa molto il regime islamico.

La reazione del regime è stata molto dura. Solo in questo mese di agosto nuovi arresti e condanne molto pesanti. Cosa ci può raccontare?

E’ orribile. Alla fine del mese di luglio 3 donne che avevano aderito alla campana contro il velo obbligatorio hanno ricevuto in un processo farsa delle condanne pazzesche: due di loro Monireh Arabshahi e Yasaman Aryani (madre e figlia), sono state condannate a 16 anni di prigione a testa; Mojgan Keshavarz, a 23 anni e 6 mesi perché distribuivano fiori ad altre donne nella metropolitana e spiegavano le ragioni del loro gesto di levarsi il velo.

Qualche giorno fa Saba Kord Afshari, una ragazza di soli 20 anni, è stata condannata a 24 anni di detenzione. Fra le motivazioni, oltre ad avere violato la legge sul velo obbligatorio, l’assurda e strumentale accusa di favoreggiamento della prostituzione! L’enormità di queste condanne sono un indicatore di quanto il regime sia spaventato da queste proteste spontanee.

Ci racconti qualcosa di più su queste donne che con incredibile coraggio sfidano le leggi restrittive del regime islamico degli ayatollah.

Sono donne che non hanno mai avuto la possibilità di essere ascoltate, non fanno parte di un’organizzazione né di un gruppo politico. Questo è il motivo per il quale il regime è spaventato: sono donne normalissime, di tutti i ceti sociali e di tutte le età, che vivono a Teheran, in piccole città ed anche in villaggi di campagna.

Ciò che terrorizza gli ayatollah è il rischio di contagio e la sfida che proviene dalla gente più semplice. Puoi mettere fuorilegge un’associazione o un partito politico, non puoi arrestare milioni di donne…

Crede che un cambio di regime sia possibile in Iran?

Io vengo dalla cosiddetta “area riformista” e come altri milioni ho votato per i candidati “riformisti”, ma in 40 anni i cambiamenti sono stati marginali.

Un regime che non ti lascia neanche decidere come vestirti, come potrebbe permettere ai suoi cittadini di scegliere liberamente chi li deve governare?

Sta crescendo dal basso la voglia di vivere in un paese democratico e secolare, nel quale la religione è completamente separata dallo stato. Si, un cambio di regime in Iran è possibile.

Ci parli delle rivolte spontanee dello scorso anno. Che rapporto c’è fra quelle rivolte e il movimento delle donne senza velo?

Le proteste del gennaio 2018 sono state un vera svolta: non più solo studenti e intellettuali, ma insegnanti, lavoratori, infermiere, minatori che si sono rivoltati contro il regime islamico

E fin dal secondo giorno delle proteste le rivendicazioni non erano solo più “economiche”, ma chiaramente “politiche”: fine della guerra in Syria, stop ai finanziamenti a Gaza e in Libano, più diritti e più libertà individuali.

Il movimento spontaneo delle donne senza velo è la prosecuzione diffusa di quella voglia di libertà.

Molti sostengono che il grande assente nell’accordo sul nucleare fu proprio il tema dei diritti umani. Cosa ne pensa?

Ho sostenuto, come molti in Iran, quell’accordo. La notte della firma la gente cantava e ballava per le strade, voleva un buon accordo, sperava in più diritti e democrazia, voleva la fine dell’isolamento dell’Iran. Ma presto la società civile iraniana si rese conto che l’accordo non avrebbe portato  nessun cambiamento reale. Caterine Ashton, su richiesta del Parlamento Europeo, fece qualche timido tentativo per aprire al tema dei diritti, ma poi la nuova Alto Rappresentante delle Ue per la Politica Estera e la Sicurezza, Federica Mogherini, non spese mai una sola parola sulla drammatica situazione dei diritti umani in Iran.

E poi, questo suo presentarsi a Teheran totalmente velata, per tutti noi critici del regime, è stato un vero tradimento.

Un mondo alla rovescia….

Si, le donne iraniane si levano il velo in pubblico e finiscono in galera ed una  donna rappresentante del mondo libero, della libera e democratica Unione Europea sottostà ai diktat di un regime anacronistico….. E’ un doppio standard veramente inaccettabile, un’atteggiamento ipocrita sulla pelle delle donne iraniane che con coraggio rischiano la loro vita per difendere diritti e valori universali. Peraltro l’obbligo di coprirsi il capo con l’Hijab non fa parte storicamente della cultura iraniana, ma solo della storia recente del nostro paese dominato dall’estremismo islamico.

Crede che la comunità internazionale debba fare di più per sostenere le donne iraniane che si levano il velo in pubblico contro il regime? 

Si, per intanto evitando di assecondare qualunque follia del regime di Teheran. Amo l’Italia e non vorrei parlare male del suo paese…. ma per noi fu un insulto vedere che, in occasione della visita ufficiale del Presidente Hassan Rohuani a Roma, vennero coperte le statue dei Musei Capitolini…. mi fece soffrire vedere una cultura millenaria costretta a nascondere le proprie splendide opere d’arte per assecondare le richieste di un’anacronistica e barbara dittatura.

Vorremmo infine che la comunità internazionale non abbandonasse queste donne nelle galere iraniane e facesse sentire forte e e chiara la propria voce.

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