Taiwan defense

26 agosto 2022, La Repubblica,

Taipei (Taiwan). La guerra asimmetrica fra Cina e Taiwan è già iniziata. Ogni giorno l’isola subisce circa 220.000 attacchi informatici provenienti dalla struttura di cyber-war promossa da Pechino, che inonda quotidianamente i social network di fake news per screditare le leadership politica dell’isola e ridurne la legittimità. A questo si aggiungono numerosi tentativi più invasivi per provocare black-out della fornitura di energia elettrica, interrompere i canali di telefonia mobile e infine tentare di carpire segreti industriali, in particolare nel settore strategico dei chip e dei semiconduttori. Ma in tutti i caffè di Taipei il leitmotiv è uno soltanto: “Quanto potrà resistere Taiwan in caso di attacco della Cina? Saremo una nuova Ucraina o crolleremo nei primi giorni del conflitto?”

Ieri il governo ha approvato il nuovo Budget della Difesa con un aumento del 14,9% rispetto all’anno precedente per un totale di 523,5 miliardi di dollari di Taiwan (17,4 miliardi di Euro). Il nuovo budget verrà presto discusso e approvato in Parlamento e nel paese si scontrano diverse scuole di pensiero sulla migliore strategia militare da adottare. In molti chiedono di aumentare i riservisti, estendere la leva obbligatoria (oggi solo per i maschi maggiorenni e soltanto della durata di 4 mesi), costruire un sistema di difesa territoriale molto diffuso e radicato nel territorio.

Ha fatto molto discutere una recente intervista rilasciata al quotidiano giapponese Nikkei dell’ex capo di stato maggiore Lee Hai-min che ha sostanzialmente proposto un modello di “difesa asimmetrica a porcospino”, abbandonando scelte estremamente costose, come la costruzione di nuovi sommergibili, per costruire invece una “forza di difesa territoriale più economica, mobile, con maggiori capacita di sopravvivenza e soprattutto in grado di far pagare un prezzo molto alto ai possibili occupanti”. Il riferimento all’Ucraina è evidente.

Incontro I-Chung Lai, Presidente della Prospekt Foundation, think tank molto vicino al DPP a della Presidente Tsai, il quale crede che “la finestra per una possibile guerra calda fra Pechino e Taiwan sia il 2027, quando finirà il terzo mandato di Xi-Jinping alla guida della Cina. Entro quella data Xi vorrà passare alla storia come colui che ha portato a termine la riunificazione e ricondotto all’ordine l’isola ribelle e democratica”.

Ciò che preoccupa di Xi è la sua spregiudicatezza ed il far prevalere la geo-politica sull’economia, interrompendo una tradizione di almeno 20 anni, nella quale gli interessi strategici cinesi collimavano sostanzialmente con quelli economici. 

“Basta analizzare -prosegue I-Chung Lai- quanto è successo a Hong Kong. Il regime di Pechino aveva un obiettivo prioritario: soffocare ogni libertà politica e azzerare il multipartitismo e per raggiungere questo obiettivo non ha esitato a distruggere anche il polo finanziario e il dinamismo economico che l’aveva resa una delle capitali della finanza globale”….. continua la lettura su La Repubblica

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